La sindrome vagale è molto invalidante in quanto può generare le sincopi, cioè gli svenimenti improvvisi con perdita di coscienza, che si verificano per cause diverse, che vanno dalla vista del sangue a una forte emozione. Le sincopi si manifestano spesso nei giovani fra i 20 e 30 anni e, anche se in sé non sono letali, possono rappresentare una severa limitazione della propria vita. La sincope vasovagale ha origine da un’interruzione del battito cardiaco fra pochi secondi a oltre 10 e 20 secondi, causata da una iperattività del nervo vago, che governa uno dei due sistemi che, insieme al sistema simpatico, innervano il cuore. In situazione di normalità i due sistemi sono in equilibrio e mediano il battito cardiaco, aumentandolo (sistema simpatico) o rallentandolo (sistema vagale). Quando il nervo vago è ipertonico e riceve una stimolazione, prevale sul sistema simpatico, provocando la caduta della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa.
Il Centro Cardiologico Monzino è uno fra i pochi centri al mondo e fra i primi in Italia ad effettuare la Cardioneuroablazione, una tecnica innovativa per il trattamento della sindrome vaso vagale. Il Dipartimento di Aritmologia, guidato dal Prof. Claudio Tondo, ha trattato con questa metodica 15 pazienti in un anno, con risultati molto promettenti.
“Attualmente la sindrome vagale grave nei giovani può essere curata con l’impianto di un pacemaker, che tuttavia non è la soluzione ottimale – spiega Claudio Tondo – Purtroppo infatti il dispositivo è destinato a un possibile deterioramento nel tempo. Per questi giovani pazienti la cardioneuroablazione è una nuova opzione di cura che nasce dalla esperienza nelle ablazioni transcatetere per il trattamento delle aritmie. Il principio è lo stesso: si tratta di individuare le “stazioni nervose” attraverso cui il nervo vago agisce sul cuore (mappatura) e cauterizzarle via catetere per ridurre o eliminare l’azione eccessiva del sistema vagale sull’attività elettrica del cuore. Durante la mappatura si stimola il nervo vago e si osservano le stazioni che innescano la pausa elettrica, quindi si effettua una denervazione cardiaca che consiste nel disattivare le stazioni “incriminate”. In questo modo modifichiamo la fisiologia cardiaca senza impiantare un pace maker. La procedura è complessa e richiede una vasta esperienza e know-how dell’elettrofisiologia cardiaca, oltre che operatori qualificati. I risultati però sono piuttosto promettenti: al Monzino abbiamo trattato 15 pazienti e nel 65% dei casi si è verificata una riduzione significativa delle pause elettriche, con grande sollievo dei giovani pazienti che tornano a condurre una vita normale”.