Il magazine della Fondazione Veronesi ha pubblicato un lungo articolo sui benefici del caffè. Ve ne riproponiamo una parte. L’articolo nella sua interezza può essere consultato
qui.
“Considerando che il caffè e il tè sono le bevande più popolari consumate in tutto il mondo e contengono come ingrediente la caffeina, gli epidemiologi e i nutrizionisti delle scuole di salute pubblica delle università di Singapore e di Harvard hanno riassunto le ripercussioni per la salute legate al consumo quotidiano della bevanda (in larga parte associate a quello di caffeina). Con 4-5 tazzine al giorno difficilmente si superà un apporto di 400 milligrammi di caffeina, ritenuto sicuro per gli adulti sani sulla base delle evidenze disponibili. Ricco di antiossidanti, oltre che in grado di stimolare il sistema nervoso centrale, il caffè può essere consumato nelle quantità sopra indicate (dimezzate, per le donne incinte o in fase di allattamento) senza timori. Discorso diverso per i neonati (da qui l’indicazione a dimezzare i consumi di caffè durante la gravidanza e l’allattamento) e per chi assume una serie di farmaci (broncodilatatori, antibiotici chinolonici, antidepressivi e antipertensivi). In quest’ultimo caso, la caffeina rischia di rimanere in circolo per un tempo superiore e di interferire con il metabolismo di alcune di queste molecole.
Diversi studi hanno messo in risalto anche l’ipotesi che la caffeina protegga dall’insorgenza della malattia di Parkinson. Nulla da fare (almeno per il momento) invece per altre malattie neurodegenerative: a partire dall’Alzheimer per giungere a tutte le altre forme di demenza senile. Nonostante alcuni risultati incoraggianti tratti da studi preclinici e su modello animale,
La review delle università di Singapore e di Harvard fa chiarezza su quelle che sono le evidenze disponibili circa il rapporto tra la caffeina e la salute cardiovascolare. Nel breve termine, la sostanza psicoattiva può far aumentare i livelli della pressione sanguigna. Mantenendo i consumi regolari, però, nel tempo l’organismo sviluppa una forma di tolleranza che pone i consumatori più assidui al riparo dal rischio di sviluppare l’ipertensione a causa del caffè. A smorzare l’effetto sulla pressione sanguigna, anche tra coloro che partono già ipertesi, potrebbe essere l’acido clorogenico contenuto nella bevanda. Ragion per cui non ci sono evidenze per caldeggiare il divieto di bere caffè se si tende ad avere la pressione alta.
Per diverse ragioni, il consumo di caffè (con e senza caffeina) sembra allontanare anche altre malattie croniche. Tra i più robusti uno apparso nel 2012 sulle colonne del New England Journal of Medicine. Il beneficio è stato rilevato tra coloro che erano abituati a bere 2-5 tazzine di caffè al Le prove più solide riguardano il diabete di tipo 2, la cui incidenza sarebbe sfavorita da una gamma di effetti concatenati indotti dalla caffeina: dalla riduzione dell’appetito e dell’apporto energetico alla conseguente gestione del peso corporeo. Naturalmente il caffè deve essere assunto senza zuccheri”.