Tra le conseguenze della pandemia c’è anche il ritardo dello screening per altri tipi di patologia, anch’essi gravissimi. Secondo uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Bologna, dell’Università di Parma e IRCCS Humanitas pubblicati sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology, a causa delle attese nello screening per il cancro del colon retto di oltre 4-6 mesi si registrerebbe un aumento delle diagnosi di casi più avanzati.Nel caso i ritardi superassero i 12 mesi, sarebbe destinata ad aumentare anche la mortalità che potrebbe arrivare a un +12%.
Dall’inizio della pandemia, i programmi di screening del cancro del colon-retto sono stati sospesi per tutta la durata del lockdown, e la ripresa è stata particolarmente difficile con problemi organizzativi, logistici e di sensibilizzazione della popolazione a cui lo screening è rivolto», spiega Luigi Ricciardiello, professore dell’Università di Bologna e coordinatore dello studio.
Dopo i mesi di sospensione dovuti al lockdown, l’attività di screening è spesso ripresa in misura ridotta, ma in alcune realtà si sta cercando di trovare percorsi alternativi. «Qui a Bologna il programma di screening, in collaborazione con le associazioni delle farmacie, ha riorganizzato l’accesso al test del sangue occulto fecale facilitando l’adesione. Questa modalità evita l’accesso nelle strutture sanitarie e aumenta il numero dei punti di riconsegna», conclude il professore.