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Così il lockdown ha cambiato per sempre il nostro sonno

La ricerca dell'’Università Vita-Salute San Raffaele pubblicata sul Journal of Neurology mette in luce gli effetti che i mesi di clausura e l'ansia da virus hanno avuto sui ritmi veglia-sonno

Così il lockdown ha cambiato per sempre il nostro sonno
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20 Luglio 2020 - 18.05


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Uno studio dell’Università Vita-Salute San Raffaele pubblicato sul Journal of Neurology mette in luce gli effetti che i mesi di lockdown hanno avuto sulla qualità del sonno di studenti e personale amministrativo dell’Università Vita-Salute San Raffaele.
L’indagine è stata condotta su 307 universitari (età media 22 anni) e 93 collaboratori dell’Università Vita-Salute San Raffaele (età media 37 anni) che hanno risposto a un questionario online messo a punto da psicologi e neurologi del Centro del Sonno dell’Ospedale San Raffaele, diretto dal professor Luigi Ferini Strambi, sulle caratteristiche del sonno e sui sintomi ansioso/depressivi nel periodo della pandemia da COVID-19.
Lo studio ha evidenziato un aumento del tempo trascorso a letto durante l’emergenza e uno spostamento in avanti sia dell’orario di addormentamento (40 minuti più tardi in entrambi i gruppi valutati) sia dell’orario di risveglio mattutino (37 minuti nei lavoratori e 64 minuti negli studenti).
«Questo spostamento, per i cosiddetti “gufi”, che nella popolazione generale rappresentano il 15- 20%, è stato positivo perché ha permesso loro di seguire il naturale ritmo sonno veglia. In tutti gli altri soggetti lo scombussolamento dei ritmi del sonno ha inciso negativamente sul benessere generale» spiega il professor. Ferini Strambi.
I risultati evidenziano anche un incremento della percentuale di soggetti con difficoltà di addormentamento: nel periodo pre-COVID-19 era del 39%, mentre durante il lockdown è salita al 55%. Nei lavoratori invece si è osservato anche un incremento dell’insonnia di mantenimento, ovvero i ripetuti risvegli notturni, che è passata dal 24 % nel periodo pre-COVID-19 al 40% durante il lockdown.
I ricercatori hanno constatato anche che il 30% del campione ha riportato sintomi depressivi e il 34% sintomi ansiosi, più evidenti nel gruppo degli studenti e nei soggetti di sesso femminile. «Lo studio», afferma inoltre Ferini Strambi, «ha dimostrato una stretta relazione tra cattivo sonno, depressione del tono dell’umore e ansia».
«Il sonno», ricorda Ferini Strambi, «è una funzione fondamentale per il benessere del nostro organismo ed è importante che le persone imparino a rispettare semplici regole volte a migliorare il riposo notturno e a favorire il benessere generale».

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